Visitatore Leon X Inviato 2 Dicembre, 2006 Segnala Share Inviato 2 Dicembre, 2006 Classe 600 Sirena Galileo Galilei :s06: :s06: Cosa sapete di queste foto? La seconda mi inquieta tantissimo, il nostro tricolore sotto la bandiera inglese. Da una veloce ricerca ho trovato una foto simile su subnet. Il nostro Galilei era stato catturato e rimorchiato alla base inglese di Aden, dopo una dura battaglia nella quale morì anche il comandante Nardi e gli altri ufficiali del battello. Citare Link al commento Condividi su altri siti More sharing options...
Von Skion Inviato 2 Dicembre, 2006 Segnala Share Inviato 2 Dicembre, 2006 E' andato in secca nel mar Rosso ed è stato catturato il 29-06-1940. Di più non so dire a parte che furono catturati anche i codici e così si può forse correlare la perdita dell' Uebi Scebeli, dell'Argonauta e del Rubino avvenuta nei giorni immediatamente successivi ed addebitabile a sfiga oppure al fatto che il nemico conoscesse le posizioni dei tre battelli, grazie appunto al cifrario del Galilei Citare Link al commento Condividi su altri siti More sharing options...
magico_8°/88* Inviato 2 Dicembre, 2006 Segnala Share Inviato 2 Dicembre, 2006 (modificato) Galileo Galilei Cosa sapete di queste foto? La seconda mi inquieta tantissimo, il nostro tricolore sotto la bandiera inglese. Da una veloce ricerca ho trovato una foto simile su subnet. Il nostro Galilei era stato catturato e rimorchiato alla base inglese di Aden, dopo una dura battaglia nella quale morì anche il comandante Nardi e gli altri ufficiali del battello. Per la prima foto non sò darti la risposta, per la seconda ti allego uno stralcio della missione riportato su: "Le operazioni in Africa orientale" COMPILATORE: Cap. di Vascello r. n. PIER FILIPPO LUPINACCI REVISORE: Amm. di Squadra r. d'o. ALDO COCCHIA USMM - Roma 1961 LA SFORTUNATA MISSIONE DEL Galilei. Il Galilei incontrò la sorte più triste che possa toccare ad una unità da guerra, la cattura da parte del nemico; e fu sorte che le circostanze in cui si verificò il doloroso evento resero praticamente inevitabile. Vedremo però come il Galilei prima di finire nelle mani degli inglesi tenne l'agguato davanti alla maggiore base nemica dello scacchiere con tenacia mirabile, si batté con grande valore, perdette in combattimento uno dopo l'altro il comandante, l'ufficiale in 2ª, il capo servizio G. N., i sottufficiali più anziani e pratici, rimanendo infine con pochi uomini, parte dei quali feriti o intossicati. Il Galilei (capitano di corvetta Nardi) parti da Massaua il 10 giugno 1940 per prendere l'agguato a sud di Aden (vedi cartina n. 4). La zona assegnatagli non era molto vasta, era in compenso molto rischiosa, data la vicinanza della base nemica, e potremmo anche dire la più rischiosa di tutte quelle in cui dovevano tenere l'agguato i sommergibili di Massaua. Tuttavia, in quella zona il Galilei rimase indisturbato per parecchi giorni, fino al momento cioè in cui la sua stessa attività bellica non ne ebbe inevitabilmente rivelata la presenza al nemico. Dopo aver passato lo Stretto di Bab el Mandeb il giorno 12, Il sommergibile giunse nella sua zona il giorno stesso e vi rimase fino al 18 senza che gli inglesi si mettessero in allarme, benchè il 16 avesse affondato una petroliera. Soltanto quando il giorno 18 il sommergibile fece uso del cannone il nemico cominciò a concentrare sul battello italiano i suoi mezzi offensivi Ora, il fatto che per sei giorni nessuna unità britannica, navale o aerea, abbia attaccato il Galilei, e nemmeno lo abbia ricercato, deve essere messo nel dovuto rilievo poichè costituisce la più convincente e decisiva smentita a certe voci che circolarono, allora e dopo, secondo le quali gli inglesi sarebbero stati a conoscenza delle zone di agguato dei nostri sommergibli dell'A.O.I. E' ovvio che se i Comandi britannici avessero avuto preventiva conoscenza delle acque in cui i nostri battelli avrebbero operato in guerra, non avrebbero mancato di dar loro subito caccia, e nessuno vi si prestava più facilmente del Galilei che era li, a portata, per così dire, delle loro mani. Ritorniamo al sommergibile in agguato. Giunto in zona il 12 giugno, il Galilei fece il suo primo avvistamento il 16, alle 3 del mattino: una nave mercantile che fu fermata dal battello in emersione. Era la petroliera norvegese James Stove.http://www.warsailors.com/singleships/jamesstove.html Fu concesso all'equipaggio il tempo necessario per salvarsi con le imbarcazioni, quindi la nave mercantile venne affondata mediante tre siluri che la incendiarono. Il fumo dell'incendio dovette essere visto anche da Aden; in questo senso, almeno, si espresse il nostro console Campini che lasciò Aden parecchi giorni dopo l'inizio delle ostilità per essere rimpatriato via Lisbona. Tuttavia non si ebbe reazione nemica; questa cominciò a manifestarsi soltanto nel pomeriggio del 18, dopo che il Galilei ebbe intimato col cannone il fermo al piroscafo jugoslavo Drava, che però fu correttamente rilasciato, perchè allora non eravamo in guerra con la Jugoslavia; ma il cannone venne udito da un guardacoste che immediatamente diede l'avviso; e il meccanismo offensivo si mise in moto. Un velivolo da caccia venne subito inviato nella zona, scopri il sommergibile, tuttora a galla ne segnalò la posizione ad un bombardiere della R.A.F. che iniziò gli attacchi verso le 16,30 Sembra che soltanto a questo punto il Galilei si sia immerso, ma non è facile ricostruire esattamente i movimenti e le azioni del sommergibile nelle 24 ore che vanno dall'incontro col Drava fino alla sua cattura, poiché nel combattimento del 19 caddero tutti gli ufficiali, meno uno, ed i sottufficiali più anziani; è però da ritenersi - in base alla documentazione britannica ed alle relazioni dei pochi superstiti al ritorno dalla prigionia ‑ che l'immersione sia stata presa soltanto quando, verso le 16,30 , si manifestò l'attacco aereo nemico: attacco peraltro che non produsse alcuna conseguenza. Sarebbe stato opportuno, a questo punto, che il Galilei si fosse allontanato dalla zona. Il comandante Nardi non ritiene di dover lasciare l'agguato e, miglio più miglio meno, rimane li, dov'è stato avvistato. E la sera viene in superficie per caricare gli accumulatori. Durante questa operazione avvista una formazione nemica e muove decisamente all'attacco; ma è scoperto prima dì poter lanciare, e deve rapidamente immergersi. Subisce una caccia violenta che, salvo una breve interruzione, dura i tutta la notte e ancora una volta esce indenne dall'offesa nemica. Il 19 giugno, alle otto del mattino, il Galilei , si posa sul fondo in 45 metri per dare un po’ di riposo all'equipaggio che mostra di risentire le conseguenze di nove giorni di missione trascorsi in un clima infernale, in penose condizioni di ambiente, aggravate dalla totale avaria dell'impianto di condizionamento d'aria. Qualche principio di intossicazione si è verificato nell'equipaggio, ma senza manifestazioni gravi. (collezione Imperial War Museum - © IWM A 110) Poco prima di mezzogiorno una nuova offensiva si scatena sul sommergibile; questa volta è il cacciasommergibile Moonstone uscito da Aden e la cui azione è cosi descritta in un rapporto britannico: « Alle 11,37 del 19 giugno il Moonstone ottenne un contatto elettroacustico a 5000 yards di distanza, e 14 minuti dopo attaccò con una bomba di profondità regolata a 150 piedi. Altro contatto a 300 yards si ebbe alle 12,20 ed un'altra bomba di profondità fu sganciata alla stessa maniera. Sei minuti più tardi fu sganciata ancora una bomba... ». E' chiaro che si tratta di un'azione nè intensa nè precisa; e questo autorizza a ritenere che il comandante Nardi non se ne sia molto preoccupato tanto più che agli idrofoni, come hanno riferito alcuni superstiti, si percepiva soltanto un rumore di macchine alternative evidentemente prodotto da piccola unità. Nardi volle anche salire a quota periscopica per rendersi conto de visu della situazione e, dopo aver constatato che effettivamente si trattava di un'unità modesta e poco armata, decise di emergere per affrontare l'avversario col cannone. https://en.wikipedia.org/wiki/HMS_Moonstone_(T90) Il combattimento che si svolse il pomeriggio del 19 giugno è stato descritto da un superstite, il sottocapo r.t. Bonavita, nella sua deposizione alla Commissione d'inchiesta (che l'ha dichiarata attendibile) e della quale qui si riporta uno stralcio: « ... emergemmo ed iniziammo il combattimento. Il congegno di mira del pezzo di prora era allagato, e pertanto il tiro di tale pezzo era completamente inefficace, perchè si puntava ad occhio. Il tiro col pezzo di poppa andava abbastanza bene, ma non riuscimmo mai a colpire il nemico perchè questi si spostava molto velocemente. Si sparò anche con le mitragliere da 13,2 che furono portate in plancia al loro posto. Il loro tiro era efficace. Il nemico sparava con un cannone e con molte mitragliere (impianti quadrupli). « Dopo circa dieci minuti avemmo il primo colpo di cannone a bordo. La granata scoppiò sulla plancia e ferì il comandante ad un braccio ed al fianco, ed altri che si trovavano in plancia, tra cui il mitragliere Dubrovich, il nostromo Bellini ed il capo furiere Ailara, che in seguito alle ferite morivano qualche minuto dopo, ed il sottonocchiere Tabacchi. « Io mi trovavo al pezzo di prora come graduatore d'alzo. Le notizie circa i ferimenti mi sono state date in prigionia dal sottonocchiere Tabacchi. « Nel frattempo cadeva anche l'ufficiale in 2ª mentre si trovava al pezzo di prora e aiutava personalmente la « catena» di munizioni. Non so se fu colpito da una scheggia o da un colpo di mitraglia. Lo vedemmo cadere di schianto, e constatammo che presentava un buco alla fronte. « Il guardiamarina Mazzucchi, che era vicino al pezzo di prora a dirigere il tiro, avvertì il comandante che era caduto l'ufficiale in 2ª. Il comandante rispose rincuorando e aggiungendo: ‑ sparate magari più lentamente ma con più precisione – « Poco dopo il pezzo di poppa cessò il fuoco perché il bossolo si era inceppato in sede di caricamento e non si riuscì ad estrarlo. Qualche minuto dopo, la plancia fu colpita da un secondo colpo di cannone, che scoppiò in torretta. Seppi dopo, in prigionia, che in seguito allo scoppio di questo colpo morirono il capo servizio g.n. capitano Dellarole, il sottordine di macchina, sottotenente Cametti, ed il contabile, capo Pappagallo, che erano in torretta. « Successivamente la plancia fu colpita ancora da un terzo colpo che uccise il comandante e ferì altre persone, delle quali alcune mortalmente ». (collezione Imperial War Museum - © IWM A 109) Caduti il comandante, l'ufficiale in 2ª, il capo servizio g.n., alcuni altri ufficiali e parecchi sottufficiali; praticamente inutilizzati i due cannoni; gravemente danneggiato lo scafo, il sommergibile fermò i motori. Divenne così facile preda del nemico, tanto più che al Moonstone si era aggiunto, nell'ultima fase dell'azione, il Ct Kandahar e probabilmente un'altra unità. Dagli interrogatori e dai rapporti dei superstiti appare chiaro che, dopo la morte del comandante, il Galilei rimase praticamente privo di comando. L'ufficiale più anziano ancora in vita era un guardiamarina di complemento, per giunta ferito, e non v'è perciò da sorprendersi che non siano stati impartiti gli ordini necessari per evitare la cattura del sommergibile. La mancanza di energia e di senso della responsabilità da parte di quel guardiamarina trovano spiegazione nella giovane età e nella inevitabile impreparazione spirituale e professionale; è comunque indiscutibile che alla mancata sua azione di comando si deve se un drappello britannico potè mettere piede a bordo e portare il Galilei dentro Aden. Dalle concordi testimonianze dei superstiti, risulterebbe che i documenti segreti ed i cifrari di bordo furono tutti distrutti prima della cattura dei sommergibile. Ma lo furono tutti? Ed i superstiti ricordano esattamente ciò che fecero, videro, sentirono, in quei momenti che furono certamente tragici? E' molto difficile dare esauriente risposta a questi interrogativi, anche perchè i rapporti britannici non forniscono al riguardo alcuna indicazione. E' comunque certo che gli inglesi trovarono sul Galilei l'ordine generale di operazione per i sommergibili di Massaua e se ne impadronirono servendosene poi per disporre la caccia al Galvani. Di seguito tre immagini del Galilei catturato nel porto di Aden. (collezione Imperial War Museum - © IWM A 263) (collezione Imperial War Museum - © IWM A 519) (collezione Imperial War Museum - © IWM A 520) E' andato in secca nel mar Rosso ed è stato catturato il 29-06-1940. Di più non so dire a parte che furono catturati anche i codici e così si può forse correlare la perdita dell' Uebi Scebeli, dell'Argonauta e del Rubino avvenuta nei giorni immediatamente successivi ed addebitabile a sfiga oppure al fatto che il nemico conoscesse le posizioni dei tre battelli, grazie appunto al cifrario del Galilei C.te Von Skion, il smg era il Macallè sempre da "Le operazioni in Africa orientale" MISSIONE E AFFONDAMENTO DEL Macallè. Il Macallè (tenente di vascello Morone) lasciò Massaua alle 16 del 10 giugno, e, dopo aver eseguito l'immersione di assetto, diresse per il Canale Nord. Doveva raggiungere un punto a circa 8 miglia a levante di Porto Sudan e rimanere all'agguato in una zona limitata a 30 miglia dal porto. Navigando in superficie di notte ed in immersione di giorno, avrebbe potuto raggiungere la zona di agguato in circa 55 ore, dopo un percorso di 310 miglia. La parte più delicata della navigazione era l'ultima in cui occorreva tenersi in franchia di quel gruppo di isole, isolotti, scogli, secche, estendentesi intorno a Porto Sudan ma con maggiore ampiezza verso sud - est, e che occorreva aggirare per portarsi nella zona di agguato. Per una condotta quanto più possibile sicura della navigazione sarebbe stato necessario riconoscere e rilevare i fari costruiti sugli isolotti di Masamarhu e di Hindi Gider, e quello sulla secca di Sanganeb (v. cartina n. 4); il riconoscimento, è ovvio, non poteva esser fatto che di giorno, e quindi col periscopio. L'ultimo punto a terra di cui il Macallè potè disporre fu il nostro faro di Cavet, acceso appositamente per il passaggio del sommergibile e sul quale fu effettivamente regolata la navigazione fino alle 03.00 dell'11 giugno. Purtroppo, a causa del cielo nuvoloso, il Macallè non potè fare il punto astronomico nè all'alba dell'11, ne durante l'intera giornata, nè il giorno successivo, 12 giugno; e nemmeno fu possibile, per ragioni contingenti, riconoscere di giorno il faro di Masamarhu; ma a questi inconvenienti nautici se ne aggiunse, lo stesso giorno 12, un altro di ben diversa natura: l'inquinamento dell'atmosfera ambiente del sommergibile in conseguenza di una di metile dalla tubolatura dell'impianto di condizionamento d'aria. I primi sintomi di intossicazione si ebbero tra i destinati in camera di lancio di prora, ma non vennero immediatamente identificati, tanto più che un'accurata ispezione alla tubolatura non rivelò perdite di gas. Si pensò allora a cibi guasti ingeriti, o ad anidride carbonica accumulatasi nel locale, oppure ad esalazioni metiliche dovute ad alcuni buglioli cui si era dovuto ricorrere per un’avaria alla latrina d'immersione. Vennero comunque presi subito tutti i provvedimenti che si poterono adottare nelle circostanze in cui il battello si trovava : i locali interni furono abbondantemente ventilati, gli uomini sofferenti furono tenuti a respirare affacciati al portello mentre il sommergibile navigava in emersione fu somministrato latte. , Il mattino del 13 giugno il Macallè è già nella zona di agguato; il punto astronomico risulta una ventina di miglia a ponente del punto stimato e pertanto il comandante mantiene durante la giornata l'agguato con rotta a levante. Contemporaneamente cerca di migliorare le condizioni dei sofferenti, ma il loro numero va continuamente aumentando; il comandante stesso e gli altri ufficiali particolarmente l'ufficiale di rotta, sono presi da malessere il che rende la condotta della navigazione penosa e difficile. Anche le osservazioni astronomiche della sera e il calcolo del punto sono faticose e lunghe. Non ritenendo, in conseguenza, di poter attribuire molta fiducia al punto ottenuto, il comandante decide di tenere durante la notte due rotte di eguale lunghezza, la prima verso nord, la seconda verso sud; rotte che, a parte eventuali derive e scarrocci, dovrebbero riportare il battello press'a poco nel punto della sera. Durante la navigazione notturna il locale di prora viene energicamente ventilato e poi fornito di ossigeno. All'alba del 14, poco prima di ordinare l'immersione, il comandante avvista un traliccio molto alto con accanto una casetta; in considerazione del grado di fiducia che crede dover attribuire al punto astronomico della sera precedente, nonchè della corrente di cui stima l'influenza, ritiene che il faro avvistato sia quello elevato sulle secche di Sanganeb; ma il suo apprezzamento è errato, perchè si tratta invece del faro di Hindi Gider, distante ben trenta miglia dall'altro. Un errore che, come vedremo tra poco, sarà fatale per il sommergibile. Durante la giornata del 14, che trascorre in immersione, gli ammalati peggiorano; occorre rinunciare ad armare i tubi di lancio poppieri per poter riunire tutti i siluristi ancora validi nella camera di lancio di prora. Ma gli uomini intossicati vanno, uno dopo l'altro, perdendo il controllo dei loro atti; girano nudi per i locali, sono insensibili ai richiami; un sottocapo silurista particolarmente inquieto pronuncia frasi prive di senso. La sera del 14 il comandante valuta accuratamente la situazione e, d'accordo con l'ufficiale in 2ª, decide di continuare la missione soltanto se durante la notte gli intossicati si saranno ripresi per effetto delle cure che riceveranno e dell'aria libera che potranno respirare; in caso contrario rientrerà a Massaua. Ma nella notte dal 14 al 15 il Macallè subì le conseguenze dell'errore nell'identificazione del faro avvistato il giorno prima. Mentre il comandante riteneva di essere più a nord ed in acque libere, il sommergibile si trovava invece proprio in quella zona di isolotti, scogli e secche a sud -est di Porto Sudan, navigando in superficie alla velocità di 8 nodi (un motore termico era ingranato sull'elica, l'altro era adibito alla carica degli accumulatori). Alle 02.35 del 15 giugno il Macallè incagliava violentemente sull'isolotto Bar Musa Chebir (vedi cart. n. 3). Il comandante, che era sulla plancia insieme con l'ufficiale di rotta, non appena percepì il pericolo prese correttamente tutti i provvedimenti del caso per evitare l'incaglio e successivamente per impedire la perdita del sommergibile; ma non poté raggiungere né l'uno né l'altro scopo. Impennato di prora e sbandato di circa 6o gradi sulla sinistra, il battello rimase per alcune ore sugli scogli, poi scivolò di poppa ed affondò in circa 400 metri di fondo. L'equipaggio, agli ordini degli ufficiali, effettuò tutte le manovre di acqua e di pesi che parvero opportune per far galleggiare l'unità; contemporaneamente cercò di ricuperare e portare sull'isolotto materiali e viveri. Cifrari e documenti segreti vennero distrutti. Dopo l'affondamento tutti si riunirono sull'isolotto. Benchè fossero intercorse alcune ore tra l'incaglio e la perdita del battello, nessuna comunicazione del sinistro fu trasmessa a Massaua, neanche quando, nella prima fase, la cosa sarebbe stata forse possibile; probabilmente perchè l'avvelenamento per cloruro di metile aveva molto ridotto la capacità di percezione di vari uomini del equipaggio e dello stesso comandante. E' anzi opportuno trascrivere esattamente quanto ebbe a rilevare poi a Massaua la Commissione d'inchiesta circa la menomazione fisica e psichica del comandante Morone al momento dell'incaglio: « Il comandante - precisa la Commissione d'inchiesta - mentre ricorda con discreta lucidità i fatti avvenuti nei giorni 10, 11, 12 e 13, ha una lacuna quasi completa per quanto riguarda il periodo dell'incaglio. « ... del periodo trascorso dall'incaglio al trasferimento a terra dell'equipaggio, non ricorda che la distruzione dell'archivio... « Poichè ai periodi di diminuzione delle facoltà mentali e psichiche si associa sempre la diminuzione di capacità di fissare nella memoria gli atti che avvengono in tali periodi, sembra molto probabile che il comandante non fosse nel pieno delle sue facoltà... « ... Ha preso la sola iniziativa di distruggere l'archivio, ma anche questa appare presa tanto affrettatamente da far pensare che non si tratti di una decisione derivata da un ponderato esame della situazione, ma che sia un'azione che egli sapeva di dover fare appena vedesse il pericolo di essere preso vivo, e la esegue subito, senza pensare, ad esempio, a scrivere prima un messaggio o anche a tenere almeno un codice fino all'alba. Egli sa che deve compiere in casi simili una tale azione, ma non ha la facoltà di ragionamento necessaria per adattarla alla specifica situazione attuale. « ... Poi, nei giorni trascorsi sull'isola, egli si trasforma completamente ed è tutt'altro che assente e passivamente fatalista: egli e l'ufficiale in 2ª sono i più attivi, non solo nel risollevare lo spirito della gente, ma anche nel lavorare personalmente alla costruzione dei ricoveri, alla raccolta del legno, ecc. « La vita sull'isola viene del resto organizzata benissimo, in relazione ai limitati mezzi a disposizione : la disciplina non viene mai meno, il razionamento viene osservato rigorosamente, lo spirito di cameratismo è sempre vivo e l'autorità del comandante e degli ufficiali mai diminuita nè da un gesto ne da una parola meno che rispettosa. « Per tutte queste ragioni la Commissione si è fatta la convinzione che il comandante nella giornata del 14 non fosse nel pieno delle sue facoltà mentali e psichiche, e che presentasse i primi sintomi di avvelenamento per cloruro di metile, con manifestazioni di apatia, difficoltà di calcolare e di ragionare, automatismo di gesti e di parole. «La relazione medica indica appunto che per avvelenamento per cloruro di metile i principali disturbi, ed i primi a comparire in ordine cronologico, sono quelli a carico del sistema nervoso con inibizioni delle funzioni cerebrali più nobili ». Affondato il sommergibile, l'equipaggio, come abbiamo già visto, si raccolse al completo sull'isolotto e li, come risulta dai brani della Commissione d'inchiesta sopra riportati, organizzò rapidamente ed esemplarmente la vita: gli indumenti furono distribuiti in modo che tutti avessero una maglietta ed un paio di pantaloni; i viveri e l'acqua furono rigorosamente razionati; si improvvisarono ripari con arbusti e pietrisco. E si organizzò infine una spedizione per avvisare del naufragio avvenuto e chiedere soccorsi. Col battellino munito di remi, bussola, carta nautica e di un lenzuolo da usare come vela di fortuna, partirono la sera del 15 il guardiamarina Elio Sandroni, un sottonocchiere ed un marinaio. I loro viveri consistevano soltanto in tre bottiglie di acqua minerale, poca pancetta e qualche galletta. Il mattino del 17 i tre atterrarono sulla costa sudanese, ma per tutto quel giorno non incontrarono nessuno. Il mattino del 18 trovarono alcune capanne di indigeni sudanesi dai quali ebbero dell'acqua. Proseguirono, sempre costeggiando, a remi e quando possibile con l'aiuto della vela improvvisata, e spingendo a braccia il battellino quando si trovavano sulle secche. Il mattino del 20 presero terra entro il confine eritreo, incontrarono una pattuglia di ascari ma senza nessuna possibilità di mandare messaggi; ripresero il mare e finalmente il pomeriggio del 20 giunsero al faro di Taclai. Fu così possibile informare Massaua del sinistro (1). Fu inviato, appena giorno, un velivolo S 81 a sorvolare l'isolotto e fu fatto partire subito il Guglielmotti per il ricupero dei naufraghi. Tanto il velivolo quanto il sommergibile assolsero pienamente il compito assegnato; il velivolo individuò l'isolotto verso le 8 del 22 giugno e lanciò un messaggio e dei viveri; poco dopo giunse il Guglielmotti che prese a bordo l’intero equipaggio. Per concludere il racconto dell'episodio è opportuno aggiungere che la sera del 21 i naufraghi vennero avvistati da un aereo nemico, il quale ritornò il mattino seguente per lanciare un messaggio con alcune istruzioni alle quali i naufraghi avrebbero dovuto attenersi per poter in seguito comunicare col velivolo. Nelle tristi condizioni in cui si trovavano i naufraghi dopo sei giorni di permanenza sull'isolotto, e ravvisando che la prigionia poteva accettarsi come condizione per la salvezza se quelli del battellino non fossero riusciti a condurre a termine la missione, il comandante segui le istruzioni del velivolo e pertanto gli inglesi seppero che su quell’isolotto era rifugiato un gruppo di marinai italiani. Il Comando inglese inviò allora un idrovolante per ricuperare i naufraghi o almeno stabilire con essi un contatto diretto. Quando il velivolo inglese giunse sull'isolotto, il Guglielmotti aveva già ricuperati tutti i naufraghi e si era immerso da pochi istanti. Erano le 12,45 del 22 giugno 1940. (1) Al G. M. Sandroni fu conferita sul campo la medaglia d'argento al valor militare con la seguente motivazione: «Su una piccola imbarcazione, in condizioni di clima particolarmente avverse e con scarsezza di viveri e di acqua, non volendo approdare in territorio nemico percorreva le duecento miglia che lo separavano dalla costa nazionale sorretto dalla tenace volontà di procurare l'aiuto italiano ai componenti l'equipaggio di un sommergibile sinistrato in acque nemiche ». (Mar Rosso, 16 - 20 giugno 1940). Magico_8°/88 Modificato 28 Gennaio, 2018 da magico_8°/88 Citare Link al commento Condividi su altri siti More sharing options...
Visitatore Kashin Inviato 2 Dicembre, 2006 Segnala Share Inviato 2 Dicembre, 2006 Storicamente hanno risposto ...ma una volta tanto lasciatemi dire in Politichese:Nota di vibrato sdegno e ferma condanna per il Tricolore sotto la Union Jack Inglese.....un modo come un altro di far capire che la foto mi fa' girare le pale delle eliche pari 400 rpm.- Citare Link al commento Condividi su altri siti More sharing options...
Visitatore Leon X Inviato 3 Dicembre, 2006 Segnala Share Inviato 3 Dicembre, 2006 La storia del Macallè la conoscevo. Quella del Galilei no, erroneamente attribuivo il fatto che gli inglesi avessero i nostri cifrari ad un altro sub. Questo rende quelle due foto ancora più tristi, ciò che vedo a prua e poppa potrebbero essere i corpi dei nostri marinai morti nel compimento del loro dovere. :s06: Citare Link al commento Condividi su altri siti More sharing options...
Visitatore Perla Inviato 3 Dicembre, 2006 Segnala Share Inviato 3 Dicembre, 2006 La storia del Macallè la conoscevo. Quella del Galilei no, erroneamente attribuivo il fatto che gli inglesi avessero i nostri cifrari ad un altro sub.Questo rende quelle due foto ancora più tristi, ciò che vedo a prua e poppa potrebbero essere i corpi dei nostri marinai morti nel compimento del loro dovere. :s06: Consultando qualche testo, non trovo nessun accenno al fatto che gli inglesi abbiano avuto i cifrari dal Galilei.... temo purtroppo di poter confermare per quanto riguarda la seconda foto....."Il Galilei venne ripetutamente colpito dalle artilglierie nemiche che provocarono la morte di tutti gli ufficiali e sottufficiali più anziani (15 uomini) ...in queste condizioni il Galilei potè essere catturato con i superstiti dell'equipaggio e venne portato ad Aden..." (da "Sommergibili Italiani" di Turrini/Miozzi) Per quanto riguarda la prima foto purtroppo....non so nulla....! Citare Link al commento Condividi su altri siti More sharing options...
Visitatore Leon X Inviato 3 Dicembre, 2006 Segnala Share Inviato 3 Dicembre, 2006 La prima foto riprende due classe 600 Sirena, di più non so. Forse Luciano46 ci può dare una mano. Citare Link al commento Condividi su altri siti More sharing options...
Visitatore Perla Inviato 3 Dicembre, 2006 Segnala Share Inviato 3 Dicembre, 2006 In attesa di scoprire qualcosa in più e per restringere un po' il campo di ricerca vi posto alcuni dati e le unitàdella classe Sirena: Dislocamento in superficie: t.678,95 dislocamento in immersione: t.842,20 velocitàmax in superficie: 14 knt velocitàmax in immersione: 8 knt autonomia in sup.: 2200 ml. a 14 knt 5000 ml. a 8 knt autonomia in immersione: 8 ml. a 8 knt 72 ml. a 4 knt. le unitàappartenenti alla classe Sirena: Sirena Naiade Nereide (II°) Anfitrite Galatea Ondina Diamante Smeraldo Rubino Topazio Ametista Zaffiro Tutti varati nel 1931 e radiati tra il 1946 e 1948..... Citare Link al commento Condividi su altri siti More sharing options...
magico_8°/88* Inviato 13 Dicembre, 2006 Segnala Share Inviato 13 Dicembre, 2006 (modificato) La storia del Macallè la conoscevo. Quella del Galilei no, erroneamente attribuivo il fatto che gli inglesi avessero i nostri cifrari ad un altro sub. Questo rende quelle due foto ancora più tristi, ciò che vedo a prua e poppa potrebbero essere i corpi dei nostri marinai morti nel compimento del loro dovere. :s06: A parziale conclusione del mio intervento sul Galilei vi allego uno stralcio tratto dal libro, Uomini sul fondo di G. Giorgerini (Mondadori - 1994), che se non risolve il caso almeno fa un pò di luce sulla situazione: "...A questo punto nasce la questione della caduta in mani britanniche dei documenti segreti conservati a bordo del Galilei. La versione ufficiale della Marina dice: L'ufficiale più anziano ancora in vita era un guardiamarina di complemento, per giunta ferito, e non v'è perciò da sorprendersi che non siano stati impartiti gli ordini necessari per evitare la cattura del sommergibile. La mancanza di energia e di senso della responsabilità da parte di quel guardiamarina trovano spiegazione nella giovane età e nella inevitabile impreparazione spirituale e professionale;(1) è comunque indiscutibile che alla mancata sua azione di comando si deve se un drappello britannico potè mettere piede a bordo e portare il Galilei dentro Aden. Dalle concordi testimonianze dei superstiti, risulterebbe che i documenti segreti ed i cifrari di bordo furono tutti distrutti prima della cattura del sommergibile. Ma lo furono tutti? Ed i superstiti ricordano esattamente ciò che fecero, videro, sentirono, in quei momenti che furono certamente tragici? Ë' molto difficile dare esauriente risposta a questi interrogativi, anche perchè i rapporti britannici non forniscono al riguardo alcuna indicazione. E comunque certo che gli inglesi trovarono sul Galilei l'ordine generale di operazioni per i sommergibili di Massaua e se ne impadronirono servendosene poi per disporre la caccia al Galvani. Infatti il Galvani, come vedremo, fu intercettato e affondato quattro giorni più tardi e l'episodio fu contemporaneo anche alla perdita del Torricelli. Parecchi anni dopo, nel 1981, in base alle accurate ricerche condotte negli archivi britannici, Santoni, nel suo libro II vero traditore, convalidò la tesi ufficiale della cattura dei documenti segreti e in particolare dell'ordine di operazione per i sommergibili. A tal proposito si legge: A proposito di tale episodio la storia ufficiale della Marina italiana non chiarisce il tipo dei documenti sui quali gli inglesi riuscirono a mettere le mani. Secondo le fonti britanniche(2) invece sarebbero stati catturati sul Galilei materiale cifrato e gli ordini operativi di altri quattro sommergibili italiani nel Mar Rosso, dei quali il Torricelli e il Galvani vennero affondati rispettivamente il 23 e il 24 giugno successivi. ...nella cartella della Commissione d'Inchiesta relativa alla perdita del Galilei ... si può leggere un'importante testimonianza dell'allora capitano di corvetta Roselli Lorenzini, divenuto poi Capo di S.M. della Marina non molti anni orsono, il quale, essendosi rifugiato con il suo sommergibile Cagni ad Aden dopo l'armistizio, seppe il 25 novembre 1943 dalle locali autorità inglesi che a suo tempo il Galilei era stato rimorchiato in quel porto «con conseguente cattura dei cifrari...». La storiografia italiana non ufficiale invoca solitamente come giustificazione di tale increscioso avvenimento le esalazioni di cloruro di metile fuoriuscito dall'impianto di condizionamento d'aria in avaria e che avrebbe istupidito letteralmente i superstiti dell'equipaggio del Galilei, rendendoli incapaci di impedire la cattura del battello e di distruggere i documenti segreti. Tale fatto invece non è menzionato dalla storia ufficiale pubblicata dalla Marina, né ad esso si accenna, se non molto marginalmente, nei documenti originali, tanto che la Commissione d'Inchiesta nella sua relazione finale datata 31 ottobre 1946 reputò principalmente responsabile dell'accaduto il guardiamarina ... ai quale fu inflitta la punizione di sospensione dal grado per un anno. Nel 1990 la rivista del sommergibilisti italiani «Aria alla rapida!», fondata e diretta per anni dal compianto amico Franco Lenzi, pubblicò nel suo numero di marzo un'interessante intervista all'ammiraglio di squadra Antonio Mondaini, altro simpatico amico di un tempo, che all'epoca degli avvenimenti era il «tenente» del Galvani, supposta vittima della cattura dei documenti del Galilei, nella quale l'ammiraglio sostiene tutta un'altra verità. Dal testo dell'intervista risulta che Mondaini, che sarà poi, dal 1968 al 1970, come ammiraglio di divisione, comandante dei sommergibili (il nuovo Maricosom) della Marina militare, cosa si espresse in proposito: L'Ammiraglio Mondaini esclude nella maniera più categorica che sia vero quanto fino ad oggi dato per certo, e cioè che i piani di operazione dei nostri battelli del Mar Rosso fossero stati trovati a bordo del GALILEI catturato. L'Ammiraglio Mondaini è convinto che le cose non si svolsero come sopra detto, e fa le seguenti considerazioni: 1) Tutti indistintamente i superstiti del GALILEI hanno affermato concordi che i cifrari e i documenti segreti furono distrutti. Per cui anche l'ordine d'operazioni, se fosse stato a bordo, sarebbe stato distrutto assieme agli altri documenti riservati, 2) Il Guardiamarina Mazzucchi, unico Ufficiale superstite del GALILEI, ha sempre smentito che a bordo avessero gli ordini di operazione relativi agli altri battelli. E questo appare verosimile in quanto, se la prassi di informare per iscritto ogni sommergibile sulla destinazione degli altri fosse stata di normale routine, una copia si sarebbe dovuta trovare anche a bordo del GALVANI. E Sul GALVANI non c'era. E poi non si vede quale utilità avrebbe potuto avere per il GALILEI il sapere che il GALVANI si trovava all'agguato a qualche centinaio di miglia di distanza, all'imboccatura del golfo di Oman. Né le loro rotte si sarebbero potute incrociare... 3) A fine settembre 1939 ... pervennero a Massaua da Supermarina .., le «Direttive per l'impiego delle Forze in A.O.I.» ... Per quelle che riguardavano i sommergibili, il Comandante del Gruppo Sommergibili di Massaua, C.F. Ferrini, convocò separatamente i Comandanti dei diversi battelli, e a loro soltanto comunicò la destinazione della loro unità Quelle disposizioni, e le modifiche che alle stesse furono apportate, andavano e venivano da e per Roma per via aerea con velivoli civili che facevano scalo in Egitto [!!]. E qui vi era la possibilità che gli inglesi, grazie all'opera dei loro servizi segreti, potessero prenderne visione. De notare che a Massaua erano al corrente delle destinazioni, oltre al Comandante Ferrini e al suo Segretario (che dovevano essere i soli a conoscere quelle di tutti i battelli), il comandante e il Tenente di ciascuna delle unità interessate. E allora, perchè convocare separatamente i Comandanti dei battelli, se poi le destinazioni sarebbero state riportate su un piano di operazioni generale da distribuire a tutti? Il Comandante Ferrini avrebbe potuto benissimo convocarli tutti insieme. 4) Dopo la fine della guerra si apprese, per esempio, che il barman dell'Albergo dell'Asmara frequentato abitualmente dai nostri Ufficiali di Marina era una spia degli inglesi. 5) Quando il T.V. Mondaini saltò nudo a bordo della FALMOUTH, un Ufficiale gli si avvicinò, lo guardò bene in faccia e gli disse: «Lei è il Tenente di Vascello Mondaini, secondo in comando del GALVANI». 6) II Comandante Pelosi [era il comandante del Torricelli], in prigionia e dopo, dichiarò che gli inglesi gli avevano fatto vedere gli specchi caratteristici della maggior parte dei nostri Ufficiali destinati sui sommergibili. E questi specchi caratteristici non erano certo a bordo del GALILEI 7) L'Ammiraglio Mondaini è convinto che gli inglesi erano a conoscenza della dislocazione dei nostri battelli, ma che certamente questo non era dovuto al ritrovamento di documenti riservati sul GALILEI. Quelle vitali informazioni devono essere loro pervenute per altre vie, che ci tenevano a tenere celate perchè potevano ancora rendere loro importanti servigi. Dov'è allora la verità? Dovrebbe essere ragionevolmente nell'ipotesi dei documenti catturati, ma non è detto: un'intelligence abile ed efficiente è anche capace di fabbricare documenti per la storia!" A voi poi i commenti... magico_8°/88 p.s. La storia che mi convince di più è quella dell'ammiraglio Mondaini. Modificato 28 Gennaio, 2018 da magico_8°/88 Citare Link al commento Condividi su altri siti More sharing options...
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