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Lo Scambio Dei Prigionieri Provenienti Dai Ct Italiani Nel Mar Rosso


de domenico

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Ho trovato in questi giorni da Foyle's un curioso libro di David Miller dal titolo "Mercy Ships. The Untold Story of Prisoner-of-War Exchanges in World War II" (Continuum, 2008).

C'è un piccolo capitolo dedicato agli scambi tra britannici e italiani, in cui si racconta in particolare un episodio che non conoscevo: lo scambio di prigionieri che coinvolse gli equipaggi dei ct italiani BATTISTI, PANTERA e TIGRE, autoaffondati nel Mar Rosso nei primi giorni di aprile del 1941.

La loro particolarità sta nel fatto che, a differenza degli altri ct (LEONE, MANIN, SAURO), quei tre si autoaffondarono sulla costa arabo-saudita del Mar Rosso, anziché sul versante eritreo-sudanese, e quindi gli equipaggi vennero internati dai sauditi.

 

Lascio la parola a Miller: "All'epoca l'Arabia Saudita era un arretrato regno desertico, in gran parte tagliato fuori dal mondo esterno e neutrale nella guerra, e quindi l'arrivo di circa 600 marinai italiani rappresentava una notevole fonte d'imbarazzo. Naturalmente non erano prigionieri di guerra ma, come i sopravvissuti tedeschi del GRAF SPEE che erano arrivati nella neutrale Argentina nel dicembre 1939, dovevano essere internati. Sfortunatamente per i sauditi, questo voleva dire che dovevano essere ospitati al coperto, nutriti, custoditi e forniti dei servizi medici, tutte necessità che imponevano un grave e non richiesto onere amministrativo. Di conseguenza, il governo saudita si rivolse ripetutamente al governo britannico alla ricerca di un qualche modo per liberarsi di questi ospiti non graditi, mentre sul versante britannico si desiderava impedire il ritorno alla tuttora attiva flotta italiana di così tanti marinai in buone condizioni (cioè non malati né feriti), ma al tempo stesso c'era anche preoccupazione per la presenza di un così consistente gruppo di persone potenzialmente ostili sulle linee di comunicazione dell'Impero britannico tra l'Egitto e l'India.

 

(segue)

Modificato da de domenico
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(segue)

 

"Il collegamento essenziale fu fornito dal governo turco, il quale nel giugno 1942 suggerì che gli internati italiani fossero scambiati con un equivalente numero di marinai britannici prigionieri detenuti in Italia. L'iniziativa risultò gradita ai governi saudita e italiano, e in ottobre la Turchia sottopose la proposta ai britannici, che vi aderirono subito ed anzi suggerirono che avrebbero potuto aggregare allo scambio alcuni altri prigioneri di guerra nelle loro mani.

In confronto agli standard dell'epoca, gli eventi si mossero allora molto rapidamente. Il governo britannico accettò la proposta l'11 ottobre 1942, quello italiano confermò la sua accettazione il 22 gennaio 1943, e lo scambio ebbe luogo nel porto turco di Mersin il 20 marzo 1943. Fu uno scambio diverso dal solito in quanto tutte le navi coinvolte erano all'ancora, e i rimpatriati vennero portati a mezzo di lance da una nave all'altra: in nessun momento nessuno di loro sbarcò a terra.

Le cifre dei partecipanti sono difficili da far quadrare. Gli equipaggi di guerra ufficiali di PANTERA e TIGRE erano di 206 ciascuno, quello del BATTISTI di 155, per un totale di 567, ma il numero effettivamente scambiato fu di 788. La differenza di 221 sembra alquanto più numerosa dei 'pochi civili italiani e alcuni marinai tedeschi' di cui si parla nei documenti britannici, tuttavia è anche possibile che le tre navi italiane avessero a bordo equipaggi in sovrannumero durante la loro ultima missione. I britannici aggiunsero per buona misura anche 25 marinai tedeschi.

Questo scambio fu insolito sotto diversi profili importanti. Primo, vi parteciparono solo i governi, la Croce Rossa non venne affatto coinvolta. Secondo, interessò prigionieri di guerra in buone condizioni di salute ed internati non malati né feriti. Terzo, si svolse fuori dalle norme della Convenzione di Ginevra, cio' che produsse effetti su un piccolo episodio successivo, quando un marinaio pose ufficialmente alla Royal Navy il quesito se poteva o no svolgere mansioni di combattente ..."

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(segue)

 

Primo, vi parteciparono solo i governi, la Croce Rossa non venne affatto coinvolta. Secondo, interessò prigionieri di guerra in buone condizioni di salute ed internati non malati né feriti. Terzo, si svolse fuori dalle norme della Convenzione di Ginevra, cio' che produsse effetti su un piccolo episodio successivo, quando un marinaio pose ufficialmente alla Royal Navy il quesito se poteva o no svolgere mansioni di combattente ..."

????altre info????Bibliografie eccetera? A proposito, quale fu la risposta? e cosa intendeva dire il marinaio?

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????altre info????Bibliografie eccetera? A proposito, quale fu la risposta? e cosa intendeva dire il marinaio?

 

Documenti ufficiali citati su questo punto: solo TNA (PRO) ADM 1/13976. PRO sta per Public Records Office, ADM per Admiralty.

C'è poi una bibliografia più generale: se interessa la posso postare.

 

"Ai primi di agosto 1943 uno dei marinai inglesi rimpatriati chiese un incontro ufficiale con il commodoro al comando della caserma della Royal Navy a Devonport per ottenere un chiarimento sul proprio status. Gli comunicò che prima del suo rilascio dal campo dei prigionieri di guerra in Italia aveva firmato un certo numero di moduli, in uno dei quali secondo lui dichiarava che non avrebbe ripreso le armi contro alcuna della potenze dell'Asse.

Era un problema serio in quanto i normali scambi di prigionieri feriti e malati (in ottemperanza alla Convenzione di Ginevra del 1929) prevedevano certamente l'impegno per cui "nessun rimpatriato sarà impiegato nel servizio militare attivo". Chiunque fosse stato colto nell'atto di infrangere questo impegno, ad esempio chi venisse catturato per una seconda volta, sarebbe stato quasi certamente colpevole di un crimine punibile in base al codice militare del paese che lo avesse catturato. Il comandante, chiaramente ben consapevole di questo, non liquidò sommariamente il problema ma lo esaminò insieme con i suoi superiori con la serietà e l'esaustività che meritava.

Furono sentite almeno 25 altre persone che erano state coinvolte nello stesso scambio e che si trovavano nella stessa zona. Si chiarì che prima di lasciare i campi italiani tutti erano stati obbligati a firmare quattro documenti. Da ulteriori indagini emerse che tre di questi erano in realtà tre copie dello stesso modulo: le possibilità si riducevano così a due. Entrambi i moduli erano in italiano e non ne era stata fornita alcuna traduzione, ma i marinai avevano tutti firmato, probabilmente perché ansiosi di tornare a casa quali che fossero le condizioni. Tanto per aggravare la confusione, in alcuni casi (ma non in tutti) le guardie italiane avevano commentato a voce che quei marinai britannici non sarebbero più stati in grado di combattere."

 

 

(segue)

Modificato da de domenico
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Le vicende dell'internamento dei marinai italiani in Arabia e del menzionato scambio sono narrate in due volumi qui recensiti:

 

Ultima missione in Mar Rosso di Fabio Gnetti, con in appendice la relazione del Com.te la 3^ Squadriglia CCTT, CF Araldo Fadin

 

Epilogo in Mar Rosso di Ennio Giunchi (volume particolarmente dettagliato sul tema)

Modificato da GM Andrea
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(segue)

 

Bibliografia: Moore , B. e K. Fedorowich, "British Empire and Its Italian Prisoners of War, 1940-1947", Palgrave Macmillan, London, 2002.

 

(segue traduzione)

 

"In seguito si determinò che il modulo su cui si concentrava la preoccupazione registrava il fatto che la persona era stata rilasciata dalla prigionia in Italia, ne forniva il nome, le generalità, indicava dove era stato catturato, la data del rilascio, insieme con i dettagli della paga ricevuta da parte italiana e di eventuali ulteriori ratei a lui dovuti. Si trattava, in effetti, di un documento amministrativo del tipo conosciuto in molte forze armate come 'certificato di smobilitazione'.

 

Dopo lunga discussione le autorità britanniche arrivarono alla conclusione che nessuno metteva in discussione la validità dell'art. 74 della Convenzione di Ginevra del 1929, ma che lo scambio anglo-italiano di Mersin si era svolto al di fuori della Convenzione, perché i rimpatriati italiani non erano prigionieri di guerra ma internati in un paese neutrale; e che sebbene i marinai britannici fossero stati indubbiamente prigionieri di guerra, non erano né malati né feriti, e quindi non coperti dalla Convenzione di Ginevra. Tanto più che né la Croce Rossa né altro organismo simile era stato in alcun modo coinvolto.

 

In effetti, secondo il parere dei legali britannici, lo scambio era una 'questione di opportunità' negoziata tra i governi britannico e italiano, ed intesa a risolvere un problema molto particolare. I negoziati avevano coinvolto i due governi, con quello turco nel ruolo di intermediario disinteressato, e durante i negoziati nessuna clausola del tipo 'nessuna ulteriore attività combattente' era stata menzionata, e anche se una clausola del genere fosse stata menzionata e poi concordata, sarebbe stato necessario includerla nell'accordo scritto, ciò che non era avvenuto. Infine, i legali britannici affermavano di non ritenere, per parte loro, che i marinai italiani rientrati in Italia fossero soggetti a un qualsiasi obbligo di non tornare al servizio militare attivo.

 

I britannici stavano ancora indagando sul problema quando venne firmato l'armistizio italiano con gli Alleati dell'8 settembre 1943 ..."

Modificato da de domenico
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Sì. molto interessante. Sapevo che la Turchia aveva fatto da tramite in altre occasioni (v. lo scambio di feriti e prigionieri italiani-britannici che avvenne nel'aprile 42 a Smirne ,; in quel caso fu usata la nave-ospedale Gradisca).

Ho il testo di Moore-Fedorowich (strano che non sia mai stato tradotto in italiano) a non ricordavo quel dettaglio.

 

Mi chiedo se gli esperti di diritto internzionale di guerra abbiano poi approfondito la faccenda...comunque, tosto quel marinaio e tosto il commodoro!

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